di Antonio Pignatiello
Lo videro scomparire come tanti a Palermo da un giorno all’altro. Si era allontanato con due uomini dopo aver rpeso un caffè al bar e nessuno l’ha più rivisto. Sarebbe stato un bambino di allora a ricordare l’accaduto, poi i figli della vittima hanno cercato di sapere la verità e ora la DIA ha scoperto tutto con particolari agghiaccianti.
Scoperti così dopo oltre trent’anni, i colpevoli dell’omicidio del maresciallo Calogero Di Bona, vice comandante, nel 1979, degli agenti di custodia del carcere Ucciardone di Palermo. L’attività investigativa, coordinata dalla Dda di Palermo, ha permesso di raccogliere elementi probatori nei confronti del capomafia Salvatore Lo Piccolo, 70 anni, ergastolano, e del boss Salvatore Liga, 81 anni, anch’egli all’ergastolo e attualmente agli arresti ospedalieri. Anche Di Bona, come numerose altre vittime, dopo essere stato strangolato è stato bruciato. Il mandante dell’efferato delitto fu il sanguinario capo mandamento di Tommaso Natale, Rosario Riccobono, scomparso per lupara bianca, che, oltre ai nuovi indagati, coinvolse altri mafiosi, oggi deceduti, nella progettazione ed esecuzione del delitto.
Un collaboratore di giustizia ha anche fatto scoprire agli inquirenti una casa di Palermo, in periferia, dove venivano arsi, squagliati, bruciati, cadaveri delle vittime di mafia.
Di Bona voleva solo che all’Ucciardone si facesse funzionare e applicasse la legge e non come voleva Cosa Nostra che diventasse un albergo e una villeggiatura, infermeria compresa. Il ministero di Grazia e Giustizia dopo la sua scomparsa avviò un’inchiesta e un’ispezione a suo tempo ma prima aveva lasciato che tutto cadesse, come al solito in quegli anni e anche ora, sulle spalle dei suoi uomini.