Alpauno

Tre alcamesi, vittime della mafia, chiedono assegno vitalizio. Lo Stato si appella a sentenza

Il processo di appello è stato fissato per la fine del mese entrante. Ad appellarsi il ministero dell’Interno che in primo grado è stato condannato al pagamento dell’assegno vitalizio a tre alcamesi, madre e due figlie, assunte cinque anni fa dalla Regione siciliana perché vittime della mafia. Sono assistite dall’avvocato Alessandro Finazzo. Il marito venne assassinato nelle campagne di contrada Fico durante la violenta guerra di mafia che scoppiò nel 1991, quando i corleonesi di Totò Riina sferrarono l’assalto, colpi di arma fa fuoco, contro gli affiliati di quella che è stata una delle più potenti famiglie mafiose in Sicilia: ovvero i Rimi di Alcamo. Ad Alcamo sono sei le persone assunte negli anni dalla Regione perché famigliari di vittime della mafia. E di recente all’Assemblea regionale si è parlato di questo tipo di assunzioni. Infatti con 29 voti favorevoli e nessun contrario i deputati regionali hanno approvato il disegno di legge di riscrittura della norma che regola le assunzioni dei familiari delle vittime di mafia nella pubblica amministrazione.

Una precedente legge del 2008, infatti, aveva lasciato margine interpretativo rispetto alla possibilità di assumere negli uffici regionali i figli di chi fosse stato ucciso da Cosa nostra prima del 1999, anno di entrata in vigore della legge. Nei giorni scorsi una lettera del fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, era stata indirizzato a tutta la deputazione regionale, denunciando la mancata assunzione di tre familiari di vittime di mafia. La ragione era appunto un vizio interpretativo, a partire dal quale oltre 50 contratti siglati nell’ultimo ventennio rischiavano di essere dichiarati nulli. E quindi anche quelli dei sei alcamesi. Il nuovo disegno di legge di riscrittura, che mette in sicurezza le vecchie assunzioni e consente all’amministrazione di procedere alle nuove, ha oggi ottenuto l’ok dall’Assemblea regionale siciliana. “Con il voto – dice il presidente della commissione Antimafia, Claudio Fava – l’Ars risolve finalmente l’incomprensibile disparità di trattamento per i parenti delle vittime di mafia, come da tempo chiesto da molte associazioni e da tutte le sigle sindacali. Si risolve una discriminazione in contrasto, peraltro, con lo spirito originale della legge regionale che intende offrire un sostegno concreto a tutti i parenti delle vittime di mafia, evitando odiose graduatorie”.

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