Trapani, indagato per “appropriazione indebita” l’ex vescovo Miccichè

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L’ex vescovo di Trapani Francesco Miccichè è indagato dalla Procura per appropriazione indebita: secondo i pm si sarebbe intascato decine di migliaia di euro destinate dai contribuenti all’otto per mille. Il procuratore di Trapani, Marcello Viola, ipotizza a carico del prelato il reato di appropriazione indebita aggravata. In serata la Guardia di Finanza ha perquisito l’abitazione dell’ex vescovo e quella di Orazio Occhipinti, ex dipendente della Curia. A carico del prelato ci sarebbero le accuse di Don Ninni Treppiedi, suo ex braccio destro all’epoca in cui ricopriva il ruolo di arciprete ad Alcamo, coinvolto in un’altra inchiesta in cui Micciché è parte lesa e sospeso a divinis, e quelle dell’ex direttore della Caritas, Sergio Librizzi, imputato in un’altra inchiesta di concussione e reati sessuali. Sia Treppiedi che Librizzi stanno rendendo dichiarazioni ai magistrati. Micciché venne rimosso da papa Ratzinger dalla carica di vescovo di Trapani proprio a seguito dell’inchiesta in cui il prelato risultava parte lesa. Tutto parte da una serie di conflitti interni al Vescovado tra Miccichè e Treppiedi sfociate in alcune notizie e inchieste giornalistiche che arrivavano da indagini portate avanti dalla guardia di finanza su due Fondazioni da cui sarebbero “scomparsi” molti soldi. La questione era stata presa in mano direttamente dal Pontefice Romano che aveva inviato come Messo Apostolico Monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara, a Trapani in sua vece e verificare di persona cosa era successo. L’oramai ex vescovo Miccichè ha sempre detto di essere stato vittima di una vera e propria macchinazione che aveva portato anche contro di lui una enorme macchina del fango. L’ultima volta che Miccichè fece sentire la sua voce fu nell’ottobre scorso quando si scagliò apertamente contro la chiesa: “Il Vaticano ha sentenziato la mia condanna – sostenne in un memoriale lungo un centinaio di pagine e riportato sulle pagine de L’Espresso – dipingendomi come un essere immorale da tenere alla larga, mi ha rottamato come pastore indegno, mi ha classificato mafioso, truffaldino e inaffidabile, mi ha trattato peggio di un delinquente, condannato all’inazione come un minus habens, un incapace”. L’ex vescovo sostiene di avere chiesto più volte di essere ricevuto dal Papa ma avrebbe trovato un muro di gomma. Da oltre tre anni, come ricostruì la rivista, la Curia di Trapani è l’epicentro di una serie di inchieste giudiziarie che ruotano attorno alla gestione dei fondi e dei beni ecclesiastici. Miccichè è convinto di pagare un conto per avere denunciato più volte le logge massoniche trapanesi: “La massoneria – scrive nel memoriale – ha messo radici profonde nella nostra città, condizionandone la vita e lo sviluppo”. Il primo “colpo” Miccichè lo ha ricevuto nel 2009 quando un esposto anonimo, il primo di una lunga serie, venne recapitato alla Procura nazionale antimafia, ai vertici del vaticano. In quel documento si accusa Miccichè di avere al suo fianco come “segretario vescovile” un esponente di una famiglia della mafia rurale di Alcamo.