Tangenti e termovalorazzatori, arriva l’inchiesta

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I sospetti sembrano diventati realtà: la realizzazione dei quattro termovalorizzatori in Sicilia era stata incoraggiata dall’elargizione di ingenti somme di denaro e compravendita molto vantaggiosa di terreni, utili alla loro installazione. Un appalto da 5 miliardi di euro che in pratica se n’è andato in fumo.

Il giro di presunte tangenti sarebbe adesso finito al centro di una inchiesta della Procura di Bolzano.

Il sospetto ha segnato una intera stagione politica,

dal 2008 al 2011, provocando forti contrasti all’interno della maggioranza di centrodestra che aveva vinto le elezioni e fatto eleggere presidente della Regione Raffaele Lombardo.

Lombardo si mise di traverso

. Dapprima bloccò l’iter, che era stato concluso con l’affidamento dei mega appalti, e poi ottenne l’annullamento della gara per alcune irregolarità di natura procedurale. Contestualmente si verificarono una serie di clamorose vicende politiche che modificarono la maggioranza di governo, dal centrodestra al centrosinistra, e la rottura di Lombardo con Berlusconi e Cuffaro.

 

Lombardo e l’assessore all’Energia del tempo, il prefetto Marino, hanno consegnato un dossier alla Procura di Palermo sullo smaltimento dei rifiuti in Sicilia, sollevando dubbi sulla regolarità di alcuni “affari”.

 

Per spiegare le sue vicissitudini politiche e giudiziarie l’ex presidente della Regione ha affacciato l’ipotesi che avessero voluto fargliela pagare per il suo dissenso alla realizzazione dei termovalorizzatori. Interessata o meno, come sospettarono i suoi avversari, la sua battaglia contro i mega-impianti, è stata condotta in solitudine, o quasi.

Nemmeno dai banchi solitamente più sensibili alla denuncia di intrighi e affari sporchi, arrivarono voci di forte dissenso. Le manette a Lombardo furono addirittura anticipate, nel 2010, da un quotidiano. Che il grande business dei termovalorizzatori abbia potuto fare saltare i nervi agli interessati – i soldi in ballo sono tanti – è del tutto verosimile.

Del resto, è la stessa natura della scelta – ben quattro mega-impianti, a destare perplessità. Realizzando gli inceneritori, la Sicilia avrebbe dovuto importare montagne di rifiuti, con ricadute ambientali molto pesanti.

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