Non è lei la donna della strage di Capaci. Non è di Rosa Belotti – la biondina dell’identikit scaturito dalla strage di via Palestro – il Dna trovato nel guanto recuperato vicino al cratere dell’autostrada fatta saltare in aria per uccidere Giovanni Falcone, la moglie e la scorta. Non è lei – indagata per le stragi in Continente – la donna che avrebbe fatto parte del commando che piazzò il tritolo a Capaci. Le accuse alla donna sono state archiviate il 31 marzo scorso dal decreto firmato dal gip David Salvucci che ha accolto la richiesta del procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca, dell’aggiunto Pasquale Pacifico e del sostituto Nadia Caruso.
Le analisi dei carabinieri del Ris di Messina hanno escluso – con ragionevole certezza – che il profilo genetico di Rosa Belotti sia quello isolato nel 2013 nel guanto trovato assieme a una torcia a pochi metri dalla voragine di Capaci. I profili genetici estratti dai due reperti non sono neppure di Giovanni Peluso e dell’ex compagna Marianna Castro – accusati dal pentito Pietro Riggio – di avere partecipato alla strage di Capaci. Anche la loro posizione è stata archiviata. Rosa Belotti è finita sotto inchiesta a Caltanissetta nel febbraio 2022 nell’ambito del coordinamento tra alcune procure che indagano ancora sulle stragi di mafia. Il mistero riguarda anche una fotografia di Rosa Belotti, rinvenuta nel 1993 proprio ad Alcamo, durante una strana perquisizione in una villa, nella disponibilità di due ex carabinieri, Fabio Bertotto e Vincenzo La Colla, in cui vennero sequestrate armi e munizioni. Una foto, recuperata dall’ex poliziotto Antonio Federico, adesso alle prese con altre vicnede giudiziarie, di cui si persero tracce e memoria per circa trent’anni, prima di ritornare stranamente a galla e nelle mani dell’ex agente. Foto consgenata quindi alle procure e che, dopo le comparazioni, venne attribuita a Rosa Belotti. Nessuna notizia, invece, sul cammino di quello scatto in oltre 30 anni e sul perchè rispuntò soltanto a fine 2022 dal nulla.