Alpauno

Strage Alkamar, appello, risarcimento ai Mandalà. No a sospensione, ministero dovrà pagare

Entro un mese, il ministero della Difesa, per conto dell’Arma dei Carabinieri, dovrà risarcire gli eredi del partinicese Giovanni Mandalà con due milioni e 137 mila euro. La prima sezione civile della corte d’appello di Palermo, presieduta da Giovanni D’Antoni, ha infatti rigettato l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, proposta dal ministero della difesa. La sentenza di risarcimento ai sei eredi di Giovanni Mandalà, uno dei cinque accusati della strage della casermetta di Alcamo Marina, finito all’ergastolo e poi riabilitato, post-morte, da un processo di revisione, era stata emessa nel gennaio scorso ed era risultata favorevole ai partinicesi difesi dagli avvocati Saro Lauria e Pardo Cellini. Adesso la corte d’appello ha ritenuto che l’impugnazione incidentale proposta dal Ministero della Difesa non può dirsi manifestamente fondata, avuto riguardo alla complessità della vicenda ed alla molteplicità dei profili di censura articolati dall’appellante, che non consentono di formulare una sicura prognosi favorevole alla sorte dell’impugnazione proposta.

Il ministero, fra l’altro, scrive sempre il giudice d’appello sulla richiesta di sospensione dell’immediata esecutività del risarcimento, non ha allegato elementi concreti da cui desumere che l’esecuzione della sentenza possa derivargli un pregiudizio grave ed irreparabile. Risarcimento quindi entro un mese agli eredi di Giovanni Mandalà ma possibilità che tutto venga nuovamente rimesso in discussione con l’udienza d’appello fissata per il 15 dicembre del prossimo anno. La strage della casermetta di Alcamo Marina, in cui il 27 gennaio del 1976 venero uccisi nel sonno due carabinieri, il giovanissimo Carmine Apuzzo e il giovane Salvatore Falcetta, produce da quasi mezzo misteri, incongruenze, interrogativi, depistaggi ed anche contrasti fra i diversi tribunali e i diversi gradi di giudizio. La recente sentenza che ha respinto la sospensione del risarcimento agli eredi di Giovanni Mandalà va in attrito con quella del tribunale di Firenze che aveva invece ritenuto inammissibile la richiesta di ristori avanzata da Giuseppe Gulotta, un altro dei cinque accusati dell’eccidio e finito in carcere. A sua volta il giudice fiorentino è entrato in evidente contrasto, ricostruendo le indagini dell’epoca, con quanto stabilito nel processo di revisione di Reggio Calabria che aveva rimesso in libertà Gulotta e dal quale, a cascata, arrivarono poi provvedimenti analoghi per Santangelo e Ferrantelli. Anzi il tribunale civile di Firenze ha messo in dubbio pure il giudicato penale. Un caos fra pareri discordanti e un intreccio di sentenze davvero difficile da leggere e districare. Tutto ciò con un risultato certamente amaro. L’allontanamento costante della verità su ciò che accadde quella notte all’interno della casermetta di Alcamo Marina e nei giorni successivi, a tutti i livelli, durante le indagini.

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