Mafia e soliti affari, mire sul ‘Recovery’, politici amici. Alcamo, vertici ‘dinastici’

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La mafia non ha attualmente cupola ma ha messo gli occhi sul recovery found. Lo sostiene la relazione del secondo semestre 2020 della DIA, la direzione investigativa antimafia, depositata ieri al Parlamento. Per recuperare denaro i boss si affidano non solo al narcotraffico ma anche a scommesse e bitcoin. Tra Palermo e provincia ci sono 15 mandamenti mafiosi. Quattro nel trapanese (Alcamo, che comprende anche le famiglie di Calatafimi e Castellammare), Castelvetrano, Trapani e Mazara del Vallo.

In provincia – secondo la DIA, guidata adesso dal vice-questore aggiunto Giuseppe Emiddio – si conferma un familismo particolarmente accentuato e uno storico e perdurante legame con la criminalità palermitana. Ribadita anche la centralità del boss Matteo Messina Denaro che, nonostante quasi un trentennio di latitanza, rimane il principale decisionista per le questioni più importanti ma anche per dirimere le controversie e per nominare i vertici di mandamenti e famiglie.

Le posizioni di vertice “del mandamento di Alcamo – secondo gli investigatori – risultano stabilmente detenute da noti esponenti delle storiche famiglie con un sistema di successione quasi “dinastico”. Nella provincia di Trapani, così come in quelle di Palermo e Agrigento, si registrano ripetuti tentativi di una “significativa rivitalizzazione” dei contatti con le famiglie all’estero: le indagini rivelano come i clan hanno “riaperto le porte ai cosiddetti ‘scappati’ o meglio, alle “nuove generazioni di coloro i cui padri avevano dovuto trovare rifugio all’estero a seguito della guerra di mafia dei primi anni Ottanta”.

Ancora una volta la relazione semestrale della DIA afferma come la crisi economica e sociale, l’insufficienza di servizi e di lavoro, contribuiscano a tenere in vita Cosa Nostra. Alcune indagini “hanno svelato intrecci e cointeressenze tra il mondo imprenditoriale vicino a cosa nostra e il mondo della politica, anche candidati nelle diverse competizioni elettorali”. Grave e inquietante viene ritenuta dalla DIA l’interlocuzione, registrata nel corso di diverse indagini preliminari, tra esponenti mafiosi e amministratori locali.