I fori allo scafo del motopesca Aliseo e i vetri mandati in frantumi dicono che i militari libici hanno sparato, contro l’imbarcazione mazarese, circa 100 colpi di arma da fuoco. Vero è che prima sono stati esplosi colpi in aria di avvertimento ma poi la mira è stata abbassata e il capitano del peschereccio e gli uomini del suo equipaggio hanno rischiato di morire. La Guardia Costiera che ha sparato fa parte dell’assetto militare del governo della Libia i cui vertici sono stati incontrati il 6 aprile scorso, durante una visita istituzionale a Tripoli, dal presidente Draghi e dal ministro Di Maio.
Una situazione, quella della guerra del pesce, che va avanti da diversi decenni ma che adesso ha raggiunto un livello di allerta non più sostenibile. Pescatori che stanno lontano da casa diversi giorni per faticare e sbarcare il lunario, che ritornano ad abbracciare i loro cari come se tornassero dalla campagna di Russia, come il comandante dell’Aliseo, Giuseppe Giacalone, fasciato vistosamente sulla testa e raggiunto dal proiettile, per fortuna, di striscio. Dopo il sequestro dello scorso mese di settembre e i 18 marittimi imprigionati e quasi segregati per 108 giorni, e dopo la sparatoria di giovedì pomeriggio con il motopesca crivellato di colpi, armatori e pescatori mazaresi non rischieranno più di portare i motopesca in quelle pescosissime zone di mare al largo della Libia.