Processo Maniaci, due anni per le motivazioni della sentenza. Incongruenze e mancanza di prove

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Più di due anni per il deposito della sentenza che ha assolto Pino Maniaci, deus ex machina di Tele Jato, dalle accuse di estorsione e condannato lo stesso giornalista per diffamazione. Tempi davvero biblici che probabilmente non hanno eguali nel resto del mondo. L’ordinamento prevede che soltanto il giudice possa scrivere le motivazioni e il giudice Terranova ha avuto qualche problema di salute. Sicché per oltre due anni Maniaci e il suo legale, l’avvocato Bartolomeo Parrino, non hanno potuto presentare appello. L’assoluzione dalle pesanti accuse è arrivata, per Maniaci, si legge nella sentenza, per mancanza di prove per “incongruenze” nei racconti delle persone coinvolte. Le pressioni mediatiche ci sarebbero state ma non avrebbero raggiunto il livello della minaccia. Lo afferma il giudice Mauro Terranova che poi, riferendosi alle diffamazioni, ha invece confermato le accuse ritenute lesive della dignità delle persone offese. Da qui la condanna e il risarcimento delle parti civili costituite, provvedimenti che saranno impugnati in appello dall’avvocato Parrino.

Secondo le accuse Pino Maniaci, giornalista dell’emittente televisiva Telejato, imputato di estorsioni e diffamazione in uno dei due tronconi del processo Kelevra e poi assolto, avrebbe esercitato il suo potere mediatico facendo pressioni per ottenere regalie e denaro da vari esponenti politici. Il giudice del tribunale di Palermo ha però riscontrato nei vari episodi contestati come l’ipotesi accusatoria fosse “viziata da numerose incongruenze e vuoti probatori che l’istruttoria dibattimentale non ha colmato”. Mancherebbe secondo il giudice anche la materiale prova della minaccia. Secondo il giudice le intercettazioni da sole non sarebbero in grado di poter confermare l’esistenza di questa minaccia con fini estorsivi.

“Le continue e pressanti richieste da parte dell’imputato, al di là delle colorite e vanagloriose espressioni di Maniaci nelle conversazioni con Candela, – si legge nella sentenza – non hanno mai raggiunto il livello di minaccia perché manca del tutto la prospettazione di un male ingiusto che non è emerso”. In fondo alla sentenza viene poi descritto quello che era il clima a Partinico, emerso nel corso del dibattimento processuale. “Gli esponenti politici – si legge -, se da un lato subivano gli attacchi mediatici di Telejato, dall’altro avevano imparato a conviverci. E ad utilizzare anche come proprio tornaconto la cassa di risonanza costituita dall’emittente televisiva, secondo un gioco delle parti di cui tutti erano consapevoli”.