Ombre e ostacoli per i beni confiscati alle mafie, Caruso cala la scure

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Inefficienze e non solo nel variegato e nebuloso mondo dei beni confiscati a Cosa nostra. Il direttore dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati, il Prefetto Giuseppe Caruso, ha denunciato l’inerzia della burocrazia ma anche del governo, rivelando che sono inutilizzati o malamente utilizzati, più di 11 mila immobili e 1700 aziende confiscate alle mafie.

Una parte dei beni confiscati è stato assegnato all’apposito Fondo, che viene gestito da Equitalia. Un miliardo di euro in contanti e due in titoli ed assicurazioni. Queste risorse sarebbero dovute passare al Ministero degli Interni e invece sono rimaste dov’erano, negli istituti di credito in cui sono depositate.

“Risorse”, h detto con amarezza Caruso, “dovrebbero essere restituiti alle comunità, cui l’illegalità le ha sottratte, e invece in troppi casi e per troppi anni sono considerati beni privati da alcuni amministratori giudiziari che li hanno considerati come fortune sulle quali garantirsi un vitalizio”.

Il prefetto così ha revocato alcuni amministratori giudiziari. Han provocato ovviamente poi delle polemiche le decisioni di Caruso accusato di delegittimare l’operato dei curatori giudiziari e dei magistrati che li hanno nominati. Sotto accusa del Prefetto, avvocati, commercialisti, manager, imprenditori e cooperatori.

L’ammontare del patrimonio confiscato alle cosche ammonta circa 33 miliardi di euro: 978 milioni di euro le risorse liquide, 2,1 miliardi i titoli, 30 miliardi le aziende e i beni immobili.

Secondo le stime di Sos Imprese nel 2012 il fatturato annuo della mafia ammontava a 138 miliardi di euro, la liquidità superava i 65 miliardi e l’utile i 105 miliardi di euro.

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