Due telefonate partite dal cellulare di uno dei pescatori morti nel naufragio del Nuova Iside e il “silenzio” del sistema di monitoraggio. Sono le novità emerse al processo. Sul banco dei testimoni è salito Rosario Loreto. Era capo reparto operativo della Direzione marittima di Palermo quando, il 12 maggio 2020, si consumò la tragedia. Secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto Ennio Petrigni e del sostituto Vincenzo Amico, la nave cisterna “Vulcanello” avrebbe urtato il peschereccio di Terrasini su cui si trovavano Matteo, Giuseppe e Vito Lo Iacono, a largo di San Vito Lo Capo. Imputati sono il comandante campano della Vulcanello, Gioacchino Costagliola, e il Terzo sottufficiale di coperta, il calabrese Giuseppe Caratozzolo. Un terzo imputato, il timoniere rumeno della petroliera, è nel frattempo deceduto. Secondo l’accusa, non avrebbero prestato soccorso e avrebbero proseguito lungo la loro rotta nonostante la collisione. Su richiesta degli avvocati della difesa il Tribunale presieduto da Bruno Fasciana ha acquisito i tabulati telefonici da cui emerge che dal cellulare di Vito Lo Iacono partirono due chiamate verso il “Centro di Soccorso in mare” di Palermo. La strategia difensiva è quella di fare emergere che, al di là della eventuale collisione, è altrove e non nel comportamento degli imputati che anderebbero cercate eventuali responsabilità sui mancati soccorsi e sui decessi (sul colpo sarebbe deceduto solo uno dei tre pescatori). Secondo l’accusa e gli avvocati di parte civile che assistono i parenti delle vittime, la collisione d’altra parte sarebbe supportata da “dati evidenti e incontrovertibili”. Radar e scatola nera non lascerebbe spazio a dubbi.