Marsala, mafia: confisca da oltre 4 milioni

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Due aziende agricole e di allevamento, 25 terreni coltivati a vigneti e disponibilità finanziarie. Oltre 4 milioni di euro: è questo l’ammontare, complessivo del patrimonio confiscato dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo, in esecuzione di un provvedimento della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani. I beni sono riconducibili al settantanovenne marsalese Antonino Bonafede, già sottoposto a sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno dal 1999 al 2004 e condannato, nel 2000, in via definitiva dalla Corte di Appello di Palermo a sei anni di reclusione per associazione mafiosa, in quanto considerato «uomo d’onore» della famiglia mafiosa marsalese. Bonafede, coinvolto anche nell’operazione «Peronospera II» del maggio 2003, è stato condannato dalla Corte di Appello nel 2007 ad un anno di reclusione, «in continuazione» con la precedente condanna, per associazione di stampo mafioso, in relazione al suo ruolo di primo piano nell’organizzazione del racket del “pizzo”. Infine, nel marzo 2010, è stato coinvolto nell’operazione «Golem 2», con cui fu smantellata la rete dei presunti fiancheggiatori del latitante Matteo Messina Denaro. L’anziano boss è il padre di colui che viene considerato il capo della locale cellula di Cosa Nostra marsalese, attualmente in carcere. Già a maggio del 2012, nell’ambito di un’inchiesta del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Trapani, il Gip di Marsala aveva disposto a suo carico il sequestro di due appartamenti e di alcuni terreni agricoli, per omessa segnalazione di variazioni patrimoniali, come previsto dalla normativa antimafia. Il provvedimento di oggi segue il sequestro eseguito dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo nel febbraio 2014 in quanto era stata riscontrata una palese sproporzione tra i beni oggetto della confisca e le apparenti disponibilità finanziarie dichiarate dal nucleo familiare, tali da essere considerati derivanti da attività illecite. Peraltro, durante l’esame della documentazione erano emerse alcune irregolarità nella gestione di una delle aziende agricole e nella destinazione di alcuni terreni tenuti a vigneti, che avevano consentito all’uomo di usufruire indebitamente dei contributi pubblici.