“Mafia, concorso esterno”. Chiesti 7 anni e 4 mesi per Antonio D’Alì

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Sette anni e 4 mesi di reclusione. Questa la richiesta avanzata dal procuratore generale nei confronti dell’ex sottosegretario e senatore trapanese Antonio D’Alì. Il processo si svolge col rito abbreviato. Si avvia a conclusione un lunghissimo processo, iniziato ben dieci anni fa, che vede alla sbarra  uno dei personaggi politici più in vista  della provincia di Trapani. I reati contestati: concorso esterno in associazione mafiosa.

Ieri ci sono state le richieste di pena dell’accusa. Il procuratore generale ha chiesto, come dicevamo, per D’Alì 7 anni e 4 mesi di reclusione. “Con il suo operato ha consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno e al rafforzamento di Cosa Nostra ha detto il procuratore generale durante il suo intervento – mettendo a disposizione le proprie risorse economiche e successivamente il proprio ruolo istituzionale di Senatore della Repubblica e di Sottosegretario di Stato”. Hanno concluso gli interventi anche le parti civili che si sono costituite: il comune di Castellammare del Golfo, l’associazione antiracket e antiusura alcamese, associazione antiracket e antiusura Castellammare del Golfo, Centro studi Pio La Torre, associazione Antimafia e antiracket la Verità Vive Onlus, L’associazione ‘Libera, nomi e numeri contro mafia’ e Associazione Antiracket “Io non Pago”.

L’udienza è stata rinviata al prossimo 5 luglio per le conclusioni dei legali dell’ex senatore. D’Alì viene  da un successo. Infatti, due settimane fa, la Corte di Cassazione ha confermato l’annullamento dell’obbligo di dimora nei suoi confronti. Il provvedimento riguarda la misura di prevenzione, chiesta e ottenuta dalla Dda di Palermo mentre D’Alì era in corso per la poltrona di sindaco a Trapani.

La misura fu poi annullata dalla Corte d’appello.  In seguito all’annullamento, la procura generale di Palermo aveva presentato ricorso, chiedendo che il politico originario di Trapani fosse nuovamente dichiarato ‘socialmente pericoloso’. I giudici  però hanno dichiarato inammissibile il ricorso.