Le mani della mafia sul porto di Palermo e di Termini Imerese

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Le mani della mafia sul porto di Palermo e su quello di Termini Imerese.La Dia sta ultimando il sequestro, del valore di 30 milioni di euro, delle quote sociali e dei beni aziendali delle società di servizio operanti all’interno di entrambi i porti. Il provvedimento, emesso dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale, riguarda cinque società: Portitalia, New Port, Tcp-Terminal Containers Palermo, Csp-Compagnia Servizi Portuali e la coop Clpg Tutrone, nella disponibilità di affiliati o contigui a Cosa nostra: i due Antonino Spadaro, di 56 e 64 anni, Maurizio Gioé, di 54, Girolamo Buccafusca, 55 anni, tutti di Palermo, che avrebbero monopolizzato il trasporto, la logistica e la distribuzione delle merci nei due porti. Già un anno fa scattò la sospensione degli amministratori delle società – le stesse oggi finite sotto sequestro su proposta del Direttore della D.I.A. e della Procura della Repubblica di Palermo .

Le indagini della Dia, coordinate dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi, si sono concentrate, in particolare, su una ventina dei 218 soci della “New port”. Ad insospettire gli investigatori, dopo la sospensione degli amministratori, nel giugno 2011, fu il passaggio di consegne tra la “New port” e le due nuove società “Portitalia” e “Tcp”. Furono costituite lo stesso giorno, e soprattutto con le stesse compagini societarie. Un tentativo, secondo i magistrati, di mantenere il controllo del porto da parte della mafia. La società aveva costituito un network nei punti strategici del Mediterraneo, quali i porti di Savona, Genova, Palermo, Termini Imerese (PA) e Valencia, in Spagna. Secondo i magistrati il cambiamento della ragione sociale, non avrebbe, di fatto, mutato la reale composizione dei titolari delle quote azionarie, con riferimento a quelle persone coinvolte a vario titolo, in vicende di mafia. La presenza e l’influenza di Cosa nostra, dunque, sarebbero ancora forti: i veri proprietari sarebbero esponenti legati a Cosa nostra che non figurano nella compagine societaria, e che si sarebbero, invece, affidati ad alcuni prestanome. Semplici operai che fingono di essere i titolari. “Sebbene la New Port avesse provveduto attraverso mirate operazioni di restyling ad allontanare i pregiudicati nonché a cedere il ramo d’azienda alle altre due società appena costituite: Portitalia e Tcp le relative modalità di pagamento della cessione, – affermano gli investigatori – che prevedendo in entrambi i casi il limite temporale di 18 anni per il saldo del prezzo di vendita, apparivano chiaramente calibrate per una operazione di riassetto formale ed al fine di eludere l’interdittiva prefettizia”.