L’agricoltura muore nell’indifferenza

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    di Antonio Pignatiello

     

    Ci si è dimenticati tutti che il mangiare viene dalla terra e ormai è passata l’idea che il cibo spunta dal nulla già con le belle scatole e confezioni. Dell’agricoltura nesusno s’interessa più al di là degli errori degli stessi operatori agricoli. L’agricoltura soffre, a muore, nel disinteresse di tutti. Sempre più gli imprenditori agricoli che lasciano la terra, le aziende ormai al collasso, la desertificazione incalza. Da agricoltori a operai, impiegati a produrre altro e non cibo. Chissà da dove verrà un giorno alla fine il cibo se l’agricoltura muore. Globalizzazione, incapacità a penetrare i mercati, una cultura industriale e borghesizzata che tiene l’agricoltura sempre sottovalutata e intanto il cibo, lo ripetiamo, quello vero viene dalla terra e la terra è lavorata dagli agricoltori.

    Certo ci sono stati gli errori da parte degli stessi agricoltori e anche da parte del mondo dei consumatori sempre più spinti verso cibi industriali che verso cibi naturali. Non parliamo poi delle responsabilità politiche ma sarebbe come sparare sulla Croce Rossa anche se proprio ancora il mondo politico non solo mostra indifferenza colpevole ma sopratutto non ha compreso il gravissimo danno che procura a se stesso.

    Prezzi di produzione che raddoppiano e prezzi all’ammasso che si dimezzano. Da anni funziona così e il gasolio costa sempre di più, le spese di produzione sidecuplicano quando manca il sostegno del Pubblico, i costi del lavoro per il mantenimento dei lavoratori della terra ha raggiunto livelli insostenibili e sopratutto oggi le braccia in agricoltura sono essenzilamente costituite da extracomunitari e non più stagionali per i raccolti ma ormai sempre più per tutto l’anno.

    Poi ci sono gi alevatori, forse i più colpiti. Dai problemi di salute agli animali ai rischi per la tavola che sempre più sono confusi da notizie che non danno certezze sulla bontà dei prodotti visto anche il grande traffico di carne importata dall’estero dove il controllo delle Autorità alle volte può sfuggire per mantenere il mercato. “Siamo certi che questo disinteresse non è dettato da non voglia, quanto da incapacità di agire e di trovare soluzioni – dicono gli alevatori riunitisi a convegno e in assemblea -. Potremmo fornire numeri, dati, ma vogliamo rimandarvi agli organi competenti a questo, vi diciamo solo che la Sicilia vive di agricoltura, l’agricoltura interviene nell’economia dell’isola per un buon 20%, e genera un indotto che alimenta il sistema economico isolano”.

    La crisi dell’agricoltura siciliana è del resto la crisi della Sicilia, ma pare che a volte gli allevatori non vengano creduti. Loro, confidano, non vogliono polemiche, si sentono gente attiva, che produce, e chi produce mal si presta alle chiacchiere. Nessuna rassegnazione.

    “Chiediamo che ogni tanto si parli di noi, si ascolti il nostro grido di aiuto – dicono agricoltori e allevatori – “Produciamo sotto costo da anni, soffriamo e ci indebitiamo progressivamente, e quando va bene sentiamo solo parlare di problemi di forestali” o di turismo.

    Gli allevatori e gli agricoltori vogliono quindi essere ascoltati, aiutati, e sperano insieme agli amministratori di trovare insieme delle soluzioni. E poi ci sono gli accordi europei con il nord Africa. “Non ci sembrano soluzioni il non imporre le etichettature obbligatorie, non ci sembrano soluzioni i tentativi di boicottare il “km 0”. Forse saremo ignoranti, forse non comprendiamo nulla, ma ci viene difficile capire come può mai la Sicilia, che importa praticamente di tutto, ad avere difficoltà a vendere quel poco che produce”.