La visita di Draghi in Libia. Dimenticati i problemi della marineria mazarese

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La Libia per la sua vicinanza con l’Italia, per le energie, gas e petrolio in particolare, che fornisce alla nostra nazione è un partner essenziale. Ieri la prima visita di stato di Mario Draghi, dove il presidente del Consiglio, assieme al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, ha incontrato Abdul Hamid Dbeibah, il primo ministro ad interim del governo di transizione.
La visita è uno dei primi atti significativi di politica estera di Draghi — probabilmente il primo non legato alla pandemia da coronavirus —, e il fatto che sia stata scelta la Libia è notevole: l’Italia considera i rapporti economici e politici con la Libia come uno dei suoi interessi strategici, e da tempo sta cercando di recuperare la sua influenza nel paese. Turchia e Russia oggi occupano importanti spazi in Libia e sul mare Mediterraneo dove la nazione governata da Putin, cerca da tempo sbocchi.

L’Italia è in gravissimo ritardo e ora sta cercando di recuperare l’antica amicizia e vicinanza tra i due paesi. Durante la visita i due leader hanno parlato «di cooperazione in campo energetico e infrastrutturale, sanitario e culturale”. Nella Libia decine di prigioni lager dove vengono reclusi e torturati centinaia di disperati che cercano di varcare il mediterraneo sperando in un futuro migliore. Quello dei diritti umani ha la stessa priorità, anzi ne ha di più, nei rapporti Italia-Libia.

I due leader hanno parlato anche di immigrazione, e della gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo, per i quali la Libia ha ricevuto centinaia di milioni di euro in finanziamenti e mezzi — senza contare l’addestramento di personale — dall’Italia e dall’Unione Europea, con esiti fallimentari. I trafficanti di uomini hanno incassato il doppio. I finanziamenti europei e i soldi dei disperati. In questo traffico in Libia ci sono connivenze a tutti i livelli.

Ma c‘è un’spetto della visita di cui oggi nessuno parla e ci riguarda. La sicurezza per i pescherecci mazaresi per una guerra del pesce che dura da quasi mezzo secolo. L’ultimo sequestro è durato quasi due mesi e l’Italia avrebbe pagato fiori di euro per far tornare a Mazara i pescherecci. Ancora una volta il governo italiano ha perso l’occasione per cercare di evitare future guerre del pesce e così dare la garanzia alla marineria mazarese di lavorare con la massima tranquillità.