La strage di Alcamo Marina. L’Arma dei carabinieri condannata a risarcire

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Due milioni e 137 mila euro è la somma stabilita dai giudici del tribunale di Palermo, Sezione terza civile, quale risarcimento nei confronti di sette persone, famigliari di Giovanni Mandalà di Partinico, morto in carcere nel novembre del 1998, dove stava scontando l’ergastolo per l’omicidio dei carabinieri Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, avvenuta nella casermetta di Alcamo Marina la notte del 27 gennaio di 47 anni fa. I famigliari, assistiti dagli avvocati Saro Lauria e Pardo Cellini, hanno in particolare citato l’Arma dei carabinieri, l’Istituzione più amata dagli italiani, che aveva condotto le indagini su una strage della quale restano ignoti esecutori e mandanti.

E’ probabilmente la prima volta in Italia che l’Arma viene condannata ad un risarcimento milionario. Le motivazioni della sentenza sono contenute in 43 pagine che ripercorrono l’interra vicenda relativa alle indagini e ai vari processi. Secondo i giudici: “non residua alcun dubbio sul fatto che siano stati gli appartenenti all’Arma dei Carabinieri ad architettare la condanna all’ergastolo del Mandalà”. I giudici hanno ritenuto:” infondato l’assunto difensivo dell’Avvocatura dello Stato, secondo cui “vi sarebbe stato un concorso di colpa del Mandalà nell’aver determinato l’errore giudiziario, essendo questi caduto in continue contraddizioni. In conclusione, non può revocarsi in dubbio la responsabilità del Ministero della Difesa e dei convenuti Giuseppe Scibilia, Fiorino Pignatella, Giovanni Provenzano, in considerazione delle condotte da questi ultimi perpetrate, integranti gli estremi del delitto di frode processuale, che hanno portato alla condanna del Mandalà”.

Si tratta di tre carabinieri in pensione che, come confermato da sentenze passate in giudicato, facevano parte della squadra, comandata dall’allora capitano Giuseppe Russo, che torturarono in una casermetta di contrada Sirignano prima Giuseppe Vesco che ammise di aver partecipato alla strage della casermetta, ma poi aveva ritrattato tutto. Lo stesso Vesco chiamò in causa Giovanni Mandala e altri tre giovanissimi alcamesi: Giuseppe Gulotta, Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli, che ammisero sotto tortura: scariche elettriche e acqua e sale, di avere fatto parte del commando. Ritrattarono tutto durante i processi ma vennero condannati a pene variabili dai 14 ai 22 anni Santangelo e Ferrantelli fuggirono in Brasile. Gulotta restò in carcere per 22 anni. La svolta, è nota, nel 2008 quando un ex brigadiere Renato Olino, presente alle torture raccontò come si erano svolti i fatti e come si era arrivati alla individuazione dei quattro “completamente innocenti” .Revisione dei processi  penali e tutti assolti.  Presentato appello alla sentenza del processo civile poiché avevano chiesto 66 milioni e 429 mila euro. Stessa richiesta per Giuseppe Gulotta dove a giorni si attende la sentenza del tribunale civile di Firenze. Anche per Ferrantelli e Santangelo pronto il ricorso con richieste, sempre all’Arma dei carabinieri, di 20 milioni ciascuno. Per l’ingiusta detenzione, danno morale e biologico, in sede penale già liquidate somme.