Due dei principali indagati dell’operazione ‘Eirene’, quella messa a segno dalla Polizia e che ha portato ad individuare anche i nuovi vertici delle famiglie mafiose di Alcamo e Calatafimi, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Per motivi diversi Francesco Coppola, ritenuto il nuovo boss di Alcamo, e Giosuè Di Gregorio, uno dei suoi collaboratori, entrambi difesi dall’avvocato Sebastiano Dara, hanno preferito non parlare e rinviare quindi ad altra data il confronto con gli inquirenti. Hanno risposto invece alle domande dell’interrogatorio di garanzia, i due indagati ‘eccellenti’, l’ex senatore Nino Papania e l’ex vice-sindaco Pasquale Perricone. Il fondatore del movimento VIA, poi divenuto uno dei leader in Sicilia dell’MpA, ha risposto alle domande del PM provando a dimostrare di non conoscere affatto gli altri indagati che lo citano nelle intercettazioni. Insomma Papania, in quella campagna elettorale per le regionali del 2022, avrebbe avuto rapporti soltanto con Pasquale Perricone, chiedendo il suo aiuto in favore del candidato Angelo Rocca, poi non eletto e non indagato. L’avvocato dell’ex senatore, Vito Di Graziano, ha già presentato istanza di revoca degli arresti al tribunale del Riesame.
Tante risposte dettagliate e numerosi chiarimenti sui fatti contestati anche da parte dell’ex vice-sindaco di Alcamo, Perricone. Assistito dal suo legale, l’avvocato Giuseppe Benenati, ha parlato a lungo con il pubblico ministero. Ci sono ancora cinque giorni per presentare istanza al Riesame, strada che probabilmente seguirà anche l’avvocato Benenati. Ha risposto all’interrogatorio di garanzia anche il 48enne alcamese Giuseppe Sciacchitano, accusato di far parte della famiglia mafiosa, di fungere da autista al boss Francesco Coppola e di avere consentito contatti e incontri a quest’ultimo con altri esponenti del clan. Durante i colloqui riservati sarebbe stato lui, secondo l’accusa, a custodire il telefono cellulare di Coppola.