IAL, un esposto fa aprire un’inchiesta sull’ente guidato anche da alcamesi

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Duro esposto di una sindacalista contro la gestione dello Ial Sicilia dal 2010 al 2016. La procura di Palermo apre un’inchiesta sull’ente guidato per alcuni anni da alcamesi e poi da un marsalese prima di fallire nel 2015. Lo Ial, di gran lunga il più grande ente di formazione professionale di quel periodo, è quindi finito al centro di un pesantissimo esposto presentato, in procura, da Costantino Guzzo responsabile dell’Unione sindacale di base. Lo Ial, che al momento del fallimento contava quasi 1000 dipendenti, è stato guidato per alcuni anni dagli alcamesi, Salvatore Raspanti, presidente fino all’aprile del 2013, e Massimiliano Ciccia, ex braccio destro dell’ex senatore Papania, dimessosi qualche mese dopo dalla carica di direttore generale.  Le redini del colosso della formazione, di chiara area PD, vennero poi assunte dal marsalese Vincenzo Conticello, già componente dell’ufficio di gabinetto dell’ex assessore regionale alla Formazione, Mario Centorrino, e  molto vicino al senatore Beppe Lumia. Alla luce dell’esposto, la Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta sulla gestione dello Ial Sicilia, finita nelle mani del procuratore aggiunto Sergio Demontis. L’incipit dell’esposto parte dal periodo tra il 2010 e il 2012 in cui lo Ial  ha ricevuto contributi per 118 milioni di euro. Nonostante ciò, da luglio a dicembre l’ente di formazione “ha attivato la cassa integrazione in deroga sottoscrivendo un accordo sindacale con Cgil, Cisl e Uil. Un’operazione che, secondo il sindacalista Guzzo, autore dell’esposto, avrebbe fatto sì che l’ente scaricasse sull’Inps circa 5 milioni di euro di costo diretto per il personale”. Stessa cosa, ma per un importo che sale a 8 milioni, sarebbe avvenuta nel 2012. Nel 2014, nonostante la revoca dell’accreditamento avvenuta nel giugno 2013 e la chiusura di tutte le sedi, 584 lavoratori avrebbero goduto della cassa integrazione grazie a “un accordo postumo”. Come postuma sarebbe stata la proroga decisa nel dicembre 2014. Il tutto per un danno di altri 8 milioni e mezzo di euro. C’è di più: nel 2015 il personale sarebbe stato “tenuto a casa senza soldi, senza accordo di sospensione, con i rapporti di lavoro in essere senza ottemperare agli adempimenti fiscali e contributivi”. Nel 2015, secondo  Guzzo, il fallimento dello Ial non venne dichiarato per tale situazione, bensì perché non erano stati pagati poche migliaia di euro ad una centralinista di Catania. La cassa integrazione arrivò poi anche nel 2016 per tre milioni e mezzo di euro: “Quindi – scrive Guzzo alla procura – un ente revocato, fallito, senza attività e senza sedi riceve un ulteriore sostegno a carico dello Stato”. Il 22 aprile 2016 vennero infine risolti tutti i contratti con i dipendenti tranne che per alcuni dipendenti Ial, che erano anche dirigenti Cisl, sindacato che deteneva l’ente, che transitarono all’Anfe di Messina e che immediatamente furono messi in aspettativa a carico dell’Inps.