Frodi in contributi pubblici. Indagati imprenditori agricoli di San Giuseppe Jato e un ingegnere

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Fatture false per dieci milioni di euro, quattro milioni e mezzo di contributi quasi tutti ottenuti illecitamente, autoriciclaggio per un milione e 850.000 euro di fondi impiegati indebitamente. Il vasto giro di illeciti, soprattutto in ambito di contributi pubblici, è stato scoperto dal nucleo PEF della Guardia di Finanza che, su richiesta della procura europea, ha sequestrato beni ad un imprenditore agricolo di San Giuseppe Jato, Giuseppe Barone di 59 anni, che opera nel settore della produzione di uva e dell’allevamento, per un importo complessivo di 15 milioni di euro. Sigilli apposti anche a cinque complessi aziendali, in territorio jatino e in quello di Monreale, fra cui le due aziende riconducibili a Barone, la ‘VerdeJato’ e la cooperativa ‘Buonanatura’. Emessi anche divieti di mantenere rapporti con la pubblica amministrazione e di esercitare attività imprenditoriale o professionale a carico di altri cinque imprenditori e di un ingegnere. Il provvedimento del GIP ha riguardato il sequestro, oltre che dei cinque complessi aziendali, anche di somme di denaro, beni mobili e immobili, quote societarie per l’ammontare equivalente del profitto ottenuto dagli indagati tramite i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, autoriciclaggio, malversazione, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Le indagini, condotte dai militari del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo, hanno fatto luce sulle richieste di contributi pubblici in diversi ambiti

. Secondo quanto accertato dai finanzieri gli indagati avrebbero presentato alla Regione fatture per operazioni inesistenti e altra documentazione falsa come relazioni, computi metrici, dichiarazioni sostitutive di atto notorio, per dimostrare costi non del tutto sostenuti per la realizzazione di un impianto per la distribuzione carburanti, di un’azienda agricola completa di stalle e di un vigneto con annessa cantina. Solo quest’ultimo progetto sarebbe stato realizzato nelle campagne di San Giuseppe Jato ma soltanto in parte nonostante la presentazione di false attestazioni per far risultare la conclusione dei lavori entro i termini previsti dal decreto concessorio del contributo. Fra gli illeciti scoperti dalla Guardia di Finanza la simulazione di pagamenti relativi alle false fatturazioni, effettuati attraverso l’impiego della medesima somma di denaro (la cosiddetta somma «navetta») che ha fatto «la spola» tra i conti correnti delle società interessate. Un meccanismo che avrebbe consentito agli indagati di ottenere indebitamente contributi pubblici per oltre 4,5 milioni di euro, di cui oltre 2 milioni di euro già riscossi. Parte dei soldi pubblici, inoltre, sarebbero stati impiegati per investimenti speculativi come la sottoscrizione di fondi comuni d’investimento.