Il dramma per i disoccupati siciliani non si ferma solo alla mancanza di lavoro ma anche alla fine, per ora, cioè al 31 maggio, delle disponibilità economiche per la CIG, cioè per gli emolumenti della disoccupazioni meglio intesi come ammortizzatori sociali. Sono in pratica finiti i soldi per la cassa integrazione.
Addirittura la Regione ha bloccato, con l’assessore Ester Bonafede, i nuovi decreti di immissione di lavoratori nel sistema degli ammortizzatori sociali. I pagamenti sono garantiti solo fino al 31 maggio e a quanti già intascavano la cassa integrazione e a giugno nessuno riceverà gli assegni dall’Inps.
I soldi a disposizione non superavano i 31 milioni, 21 dei quali stanziati dallo Stato. Ma la Regione ha già autorizzato immissioni nel sistema degli ammortizzatori sociali per 31 milioni e 979 mila euro e all’Inps, che anticipa le somme, è scattato l’allarme rosso.
Da gennaio a fine aprile sono pervenute agli uffici della Regione 2.729 istanze di accesso agli ammortizzatori sociali in deroga, di cui 556 per la cassa integrazione e 2.173 per mobilità.
Il problema però è che i soldi sono già finiti. Ora ci si affiderà probabilmente al tesoretto della Regione che ha un budget accantonato di circa 108 milioni, che però al momento non può essere utilizzato: si tratta di fondi comunitari originariamente inseriti nel Fondo sociale europeo e recentemente trasferiti nel Piano giovani, il programma di investimenti gestito direttamente dal ministero dello Sviluppo. Ma per sbloccare queste somme bisogna attendere un via libera di Bruxelles e poi un’istruttoria ministeriale. I tempi potrebbero non coincidere con la velocità della crisi.
Ora l’assessorato regionale al lavoro farà rpessioni sul governo nazionale per ottenere un aumento immediato degli stanziamenti, una richiesta fatta già da varie altre Regioni italiane, al punto che prima di lasciare il ministero del Lavoro la Fornero stimò in almeno un miliardo le somme aggiuntive che lo Stato dovrebbe reperire per assicurare la copertura di tutte le richieste. Stima che i sindacati si spingono a elevare fino a un miliardo e mezzo.