Finalmente in manette Matteo Messina Denaro, latitanza legata anche agli alcamesi (VIDEO)

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Chi farà ora la necrologia che puntualmente appare sui giornali per ricordare la morte avvenuta nl 1998 del boss Francesco Messina Denaro, padre di Matteo arrestato stamane dopo 30 anni di latitanza, Era al primo posto  nella lista tra i criminali più ricercati d’Italia e tra i primi nel mondo. Era riuscito a creare una fitta ragnatela di rapporti e in più occasioni si è parlato di protezioni in settori deviati dello Stato.  Boss indiscusso era il pupillo di un altro sanguinario criminale Totò Riina del quale oggi cadono i 30 anni dalla cattura ed è morto in carcere in regime di 41 bis dal quale è riuscito a inviare frasi interpretati in vari modi. Guarda che coincidenza.

Da anni gli veniva data la caccia e quando sembrava che il cerchio stesse per chiudersi riusciva a far perdere le tracce. Quanti blitz andati a vuoto. Quanta terra bruciata è stata fatta attorno a Matteo Messina Denaro, mafioso sanguinario che a venti anni sfrecciava al volante di auto di grossa cilindrata. Amante della bella vita e di donne, Individuo dal grilletto facile si è macchiato di decine di omicidi con ruoli di primo piano su attentati che hanno sconvolto l’Italia.  E’ stato  il “numero uno” tra i latitanti italiani,  anche uno dei maggiori ricercati al mondo. Gli inquirenti gli hanno dato la caccia per trent’anni: mesi e mesi trascorsi da fantasma, con gli inquirenti e le forze dell’ordine a scoprire dove si nascondesse.

Mentre lui gestiva affari milionari grazie ad un reticolo di complici. Nato a Castelvetrano nel 1962. Soprannominato “U siccu”, il magro, o anche “Diabolik”, Messina Denaro, inizia la scalata criminale nel 1989, quando viene denunciato per associazione mafiosa per la partecipazione alla faida tra i clan Accardo e Ingoglia di Partanna. Due anni dopo uccide Nicola Consales, proprietario di un albergo di Triscina, che si lamentò con una sua impiegata, all’epoca amante di Messina Denaro, di “quei mafiosetti sempre tra i piedi”.

Fu Paolo Borsellino, nel 1989, a iscrivere per la prima volta il suo nome in un fascicolo d’indagine. Il commissario di polizia di Castelvetrano, Rino Germanà, iniziò a indagare su Messina Denaro che decise di ucciderlo. Scampò alla morte durante un attentato. Fu uno dei principali ideatori dell’ attentato nei confronti di Maurizio Costanzo e per uccidere Giovanni Falcone, tanto per citarne alcuni. Raccontano alcuni collaboratori che nel luglio 1992, è tra gli esecutori dell’omicidio di Vincenzo Milazzo, capo della cosca di Alcamo. Pochi giorni dopo avrebbe partecipato allo strangolamento della compagna del boss, la castellammarese Antonella Bonomo.

E  Messina Denaro negli anni ’90 a “punciri” un esponente di cosa nostra alcamese collocandolo  al vertice del mandamento di Alcamo, sancendo l’alleanza ma soprattutto che era lui il capo assoluto nel Trapanese. Messina Denaro divenne latitante: ufficialmente il suo nome è iscritto nella lista dei ricercati dal 2 giugno 1993. A quel punto era già diventato il capo di Cosa Nostra nella provincia di Trapani.

E per un periodo indagini anche ad Alcamo dove gli inquirenti credevano si fosse nascosto. Si è parlato di una sua possibile latitanza all’estero e in varie parti d’Italia, tra cui in Calabria, protetto dalla ndrangheta. Ma la storia insegna che i boss difficilmente lasciano il proprio territorio perché in questo caso perdono potere e protezioni. Stessa cosa per Matteo Messina Denaro, catturato a Palermo nella clinica la Maddalena. Soddisfazione a tutti i livelli per il boss in manette.