False assunzioni e disoccupazione non dovuta. 199 indagati dalla procura di Marsala

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199 persone sono indagate dalla Procura di Marsala per una presunta maxi-truffa all’Inps che, dal 2012 al 2018, avrebbe procurato all’ente di assistenza e previdenza un danno di oltre 676 mila euro. Si tratta di somme erogate a titolo di indennità di disoccupazione sulla base di assunzioni, secondo l’accusa “fittizie”, di oltre duecento lavoratori, in buona parte tunisini. Molti dei quali residenti a Mazara del Vallo, cittadina che rappresenta il centro della truffa, altri a Marsala, Petrosino, Campobello di Mazara, Ribera, Sciacca ma anche in centri del nord Italia. Alle persone coinvolte nell’inchiesta, condotta dai carabinieri, è stato notificato l’avviso conclusioni indagini.

Le accuse a vario titolo contestate sono la truffa in concorso e il falso ideologico. Secondo la procura di Marsala a organizzare il raggiro all’Inps sarebbero stati cinque persone alle quali nel novembre 2020 sono stati sequestrati beni per circa un milione di euro. Si tratta di Sergio Agnello, di 44 anni, Nicolò Passalacqua, di 51, Salvatore Asaro, di 60, Francesco Di Pietra, di 51, e Mehdi Ammari, di 43. Tra questi, un ruolo centrale avrebbe avuto Di Pietra, consulente, al quale lo scorso novembre è stato sequestrato lo studio professionale. Agnello, Passalacqua e Asaro erano invece titolari di aziende sulla carta operanti nei settori edile, metalmeccanico e agricolo che venivano usate per le assunzioni fittizie necessarie per incassare le indennità di disoccupazione.

Il tunisino Mehdi Ammari, residente a Campobello di Mazara, avrebbe avuto, secondo la procura, il compito di procacciatore di lavoratori da assumere fittiziamente. I carabinieri del Comando provinciale di Trapani e del Nucleo Ispettorato del Lavoro hanno accertato che gli indagati, utilizzando ditte operanti solo sulla carta avevano assunto, in maniera fasulla, 241 stranieri proprio in prossimità della scadenza del permesso di soggiorno. I rimanenti 194 indagati, a loro volta, secondo l’accusa, “si impegnavano a versare ai titolari delle ditte la metà delle indennità percepite dopo il licenziamento da un lavoro che non avrebbero mai svolto”.