Escalation di intimidazioni: nuova guerra di mafia

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L’ultima intimidazione a Partinico ha il sapore dell’inizio di una resa dei conti all’interno delle famiglie mafiose. Questa la pista che gli inquirenti hanno tracciato e che stanno seguendo con maggiore attenzione a distanza di 4 giorni dall’inquietante incendio all’auto intestata a Leonardo Vitale, 27 anni, erede dei superboss Vito e Leonardo, attualmente in carcere al regime del 41 bis. Le forze dell’ordine e la procura di Palermo non hanno mai distolto gli occhi dal mandamento partinicese ma quest’ultimo gesto ha certamente fatto alzare ulteriormente l’attenzione nei confronti di un territorio estremamente delicato, dove gli arresti dei pezzi da novanta della storica famiglia dei Vitale stanno facendo alzare la cresta a clan emergenti. La catena di intimidazioni con il fuoco lascia però chiaramente capire che ancora si è in una situazione di “vacatio” alla guida criminale del territorio ed è proprio questo che preoccupa maggiormente gli inquirenti. L’incendio all’auto di Leonardo Vitale, anch’egli in carcere per mafia perché ritenuto il rampollo che avrebbe preso le redini del mandamento dopo l’arresto degli zii e del padre, è considerato dagli stessi magistrati che indagano su Partinico come una sorta di “linea di confine” oltre la quale si potrebbe anche tornare a sparare. Arrivare a dare alle fiamme l’auto di un boss, seppure in uso ad un pregiudicato, appare davvero difficile contestualizzarlo al di fuori delle dinamiche della criminalità organizzata. E’ chiaro quindi che qualcuno ha voluto lanciare un messaggio al boss che oggi qualcun altro vuole comandare e che la sua era è finita. L’ultima volta che qualcuno osò sfidare i Vitale, conosciuti in città con il dispregiativo di “Fardazza”, finì in un bagno di sangue la città. I rampolli degli Alduino provarono a scalzarli ma caddero morti ammazzati per le strade uno dietro l’altro. Poi, quando i fratelli Michele, Leonardo, Vito e persino Giusy Vitale finirono ad uno ad uno in carcere, ecco che spuntarono i rampolli che riconoscevano solo l´autorità di “´u zu Ninu”, Antonino Nania, che insieme con Antonino Giambrone accetta di fare da sponda alle velleità di allargamento oltre i confini dei palermitani di Salvatore Lo Piccolo alla ricerca di nuovi appalti e di nuovi affari. Dall´altra parte il potere costituito, rappresentato da due capimafia in quel momento detenuti, Nicolò Salto e Salvatore Corrao, longa manus del superlatitante Domenico Raccuglia, gli eredi naturali dei Vitale. Anche qui altri omicidi eccellenti, tra tutti quelli dei fratelli Riina e di Maurizio Lo Iacono su tutti, direttamente nominato dall’allora superlatitante Bernardo Provenzano. Ecco che, in questo scenario, potrebbe scoppiare un’altra guerra di mafia: e sarebbe la terza nell’ultimo trentennio.