Diffamazione di politici su Facebook. Otto alcamesi a processo

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Diffamazione su Facebook. Per tale reato, previsto dall’articolo 593 del codice penale, saranno processati otto alcamesi con prima udienza fissata per il prossimo 27 maggio davanti al giudice monocratico del tribunale di Trapani, dopo che il gip aveva respinto la richiesta di archiviazione, formulata un anno fa dal pubblico ministero. Il decreto di citazione a giudizio era stato notificato ad otto alcamesi:  Giacomo Garbo, 46 anni, Girolamo Pitò, 45 anni, Salvino Gnoffo, 29 anni, Maurizio Regina 46 anni, Giuseppe Saverio Amodeo, 60 anni, Rosario Greco. 28 anni, Domenico Giorlando, 42 anni e Fabio Termine, 27 anni. Il processo è stato ora incardinato.

L’indagine partì  dopo la denuncia di due ex consiglieri comunali Lorena Di Bona e Giuseppe Stabile, che assieme ad altri 11 avevano votato, nel settembre del 2015, un leggero ritocco delle aliquote Imu e Tasi, su proposta dell’allora commissario comunale Giovanni Arnone. Pesanti giudizi vennero scritti in un post della pagina del Movimento 5 Stelle di Alcamo, che aveva pubblicato le foto, stile “wanted” dei manifesti dei film western americani, criticando con frasi pesanti i 13 consiglieri comunali. Per l’Imu l’aliquota passò dal 9,6 per mille al 10,6. Per la Tasi l’aliquota passò dall’1,5  per mille al 2,2. Il post del M5S venne pubblicato il 18 marzo del 2016. Nel manifesto a sinistra il logo del M5S e accanto  la frase “Aumento tasse ad Alcamo”. Sotto la scritta “Ecco chi ha votato a favore”. Un lieve rialzo che provocò polemiche ma che consentì di approvare il bilancio e quindi di non paralizzare il Comune. Grazie all’approvazione  del bilancio si poterono utilizzare  fondi tanto che così è stato possibile impiegare avanzi  per un milione e mezzo di euro che hanno consentito, senza ulteriori perdite di tempo, anche di appaltare i lavori  per riattivare sorgenti e condutture di contrada Cannizzaro.  

I tredici consiglieri vennero pubblicamente ringraziati dal commissario comunale Giovanni Arnone. Ma contro i tredici si scatenarono su facebook durissimi commenti.: ….”pezzi di m….”, “teste di c…””bastardi” e così via. Lorena Di Bona e Giuseppe Stabile, difesi dall’avvocato Sergio Cangelosi, non restarono con le mani in mano e presentarono una raffica di querele per diffamazione. Il giudice nello stabilire la data dell’inizio del processo, in cinque forse chiederanno il rito abbreviato, ha anche ammesso come parte civile l’ex consigliere comunale Antonio Fundarò, assistito dall’avvocato Pietro Riggi. Fundarò non presentò denuncia ma segnalò la Tribunale che anche la sua foto compariva tra le 13 pubblicate sulla pagina del Movimento 5 Stelle. I giudici lo hanno ammesso alla costituzione di parte civile e Fundarò chiede complessivamente 20 mila euro di risarcimento.  

Il giudice scrive per quelli che sono oggi imputati: “che offendevano la reputazione di Lorena Di Bona e Giuseppe Stabile postando vari commenti”. Ad Alcamo, dopo le decine di denunce e condanne, sono notevolmente diminuite le frasi offensive sui social perchè oggi c’è tolleranza zero da chi viene pèreso di mira da frasi ingiuriose. Meno di un anno fa  è stata confermata anche in appello la sentenza di condanna, diventata definitiva, per un commercialista alcamese che definì i revisori dei conti, eletti per il triennio 2011-2013, tre mentecatti”. I tre professionisti si sono costituiti anche nel processo civile per il risarcimento dei danni. Il post venne pubblicato sulla pagina facebook del movimento politico Abc. Tra il 15 e 16 gennaio del 2015 l’ex sindaco Giacomo Scala e l’ex senatore Nino Papania denunciarono un centinaio di alcamesi per frasi offensive su facebook. Molti processi sono ancora in corso.  In caso di condanna si rischia da sei mesi a tre anni, Da uno a sei anni quando viene contestata anche l’aggravante come nel caso degli 8 alcamesi. Scrive per questa vicenda il giudice: “fatto aggravato dall’avere arrecato l’offesa attraverso l’uso di una bacheca del social network facebook  da considerarsi, in quanto potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato, o comunque quantitativamente apprezzabile, un qualsiasi altro mezzo di pubblicità diverso dalla stampa”. Di Bona, Stabile e Fundarò chiederanno anche un congruo risarcimento in denaro.