Udienza preliminare lunga e particolarmente articolata quella svoltasi ieri a Trapani dianzi al GUP Caternina Brignone e riguardante i 23 imputati accusati del giro di droga, a Castellammare del Golfo, sventato dai carabinieri nel 2020, durante il periodo delle più ferree restrizioni per la pandemia. Innanzitutto gli accusati da 23 sono passati a 22 e non per archiviazione o proscioglimento. Per un vizio di forma, in particolare la mancata notifica di alcuni atti, tra cui anche la citazione, è stata stralciata la posizione di Salvatore Bosco, difeso dagli avvocati Ernesto Leone e Nicola Gervasi. Tutto è quindi ritornato nelle mani del pm e il quarantenne dovrebbe adesso subire un processo a parte.
Hanno invece optato per il rito abbreviato la compagna di Bosco, Emanuela Di Bartolo, 42 anni, e il figlio di quest’ultima, il 22enne Davide Calabrò. All’udienza per l’abbreviato, già fissata per 28 settembre prossimo, parteciperanno anche altri imputati: il castellammarese Ivan Ferro, Salvatore Ferrara di Trappeto, Antinino Furco di Borgetto, il partinicese Antonino Maragliotti e i palermitani Gabriele Piazza e Domenico Bellomonte. Andranno invece a processo con il rito ordinario, il 4 ottobre dinanzi al giudice Mauro Cantone, i castellammaresi Florin Cicu, Lorenzo Poma, Sebastiano Ferrarello, Dario La Puma, Sebastiano Domingo, Pietro D’Aguanno, Antonia Latona e il palermitano Marco Sciabica.
Alcuni legali avevano cercato il patteggiamento per i loro assistiti ma l’ha spuntata soltanto Massimo Gagliardo, legale di Massimo Catanzaro, che ha patteggiato una pena a due anni e 11 mesi. Il cinquantenne castellammarese si è vista anche alleggerire la misura cautelare dell’obbligo di dimora nelle ore serale e notturne ottenendo invece l’obbligo di firma, tre volte a settimana, alla polizia giudiziaria. Altri due imputati castellammaresi, Giuseppe Di Bona di 54 anni e Angelo Adragna di 27 sono stati invece sottoposto alla messa in prova nei servizi sociali. L’operazione antidroga venne messa a segno dai carabinieri il primo marzo scorso.
Le indagini scattarono dopo le preoccupazioni di una donna che denunciò ai carabinieri le cattive frequentazioni del marito in pieno lockdown, indicando anche i nomi dei presunti pusher. L’organizzazione avrebbe gestito, secondo i carabinieri e secondo la procura, un vasto sistema di consegna a domicilio di marijuana e cocaina, sostanze che venivano acquistate rispettivamente a Partinico e nel quartiere Zen di Palermo.