Alpauno

C/vetrano-Mafia, sequestro da 5 mln a famiglia Adamo

La Direzione Investigativa Antimafia di Trapani ha notificato un decreto di sequestro di beni a Marco Giovanni Adamo, 71 anni ed Enrico Maria Adamo, 42 anni, padre e figlio, entrambi imprenditori originari di Castelvetrano e molto conosciuti per il loro impegno nella politica locale. Si tratta del loro intero patrimonio, costituito da appartamenti, terreni, conti bancari, automezzi, un’imbarcazione e tre aziende per un valore stimato di oltre 5 milioni di euro. Il provvedimento è stato emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani (presidente Piero Grillo, giudice estensore Chiara Badalucco), su proposta del Direttore della D.I.A., Nunzio Antonio Ferla, d’intesa con il Procuratore Aggiunto Bernardo Petralia, coordinatore del “Gruppo Misure di Prevenzione” della D.D.A. di Palermo. Marco Giovanni Adamo, imprenditore molto attivo nel settore del movimento terra, con le proprie aziende, è stato impegnato in grandi opere pubbliche e private che hanno interessato le provincie di Trapani e Agrigento, tra cui le condotte idriche per la distribuzione irrigua delle acque invasate nella diga Delia di Castelvetrano, il metanodotto tra Menfi e Mazara del Vallo e l’Acquedotto Montescuro Ovest. «Secondo le risultanze giudiziarie degli ultimi decenni – si legge in una nota della Dia – lo stesso si sarebbe sbarazzato delle imprese concorrenti con metodi mafiosi, potendo contare sull’appoggio del sodalizio criminale capeggiato da Matteo Messina Denaro, con cui è emerso aver avuto rapporti sin dall’infanzia. Anche la mafia agrigentina avrebbe subìto la volontà del latitante castelvetranese con l’imposizione dell’impresa dell’Adamo a discapito anche di imprese di altri affiliati a quel sodalizio criminale». Il figlio, Enrico Maria Adamo, volto noto in città per essere stato consigliere comunale e più volte assessore, avrebbe seguito le orme del padre, divenendo amministratore delle aziende di famiglia quando quest’ultimo temeva di poter essere raggiunto da provvedimenti giudiziari, proseguendo i rapporti con l’organizzazione mafiosa. Questi, secondo gli inquirenti «avrebbe consentito l’infiltrazione mafiosa delle imprese di Lorenzo Cimarosa all’epoca referente imprenditoriale di Cosa Nostra, nei lavori per la realizzazione del centro comunale polifunzionale di Castelvetrano, formalmente aggiudicati da una impresa ragusana, poi colpita da provvedimento interdittivo della Prefettura di Trapani». In estrema sintesi, sotto il profilo patrimoniale sarebbe emersa l’esistenza di una palese situazione di contrasto fra i redditi dichiarati dagli Adamo e la formazione del loro patrimonio. Peraltro, secondo il Tribunale di Trapani, anche i loro redditi d’impresa sono da considerarsi illeciti «perché realizzati avvalendosi di metodi mafiosi».

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