Castellammare del Golfo-Operazione antimafia “Cemento del Golfo”: ricorso in appello di Vito Turriciano

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Ricorso in appello per gli imputati nell’ambito del processo “Cemento del Golfo”. Uno di loro, Vito Turriciano, 70 anni di Castellammare del Golfo, ha presentato ricorso contro la sentenza di primo grado che lo ha condannato a 12 anni per associazione mafiosa e tentata estorsione aggravata in concorso. Turriciano è stato l’unico degli indagati a scegliere l’abbreviato e quindi l’unico ad oggi d avere già una sentenza sulle proprie spalle. Per gli altri 5 invece, tra cui il boss di Castellammare del Golfo Mariano Saracino, e l’imprenditore di Alcamo Vincenzo Artale, il processo sarà con il rito ordinario ed è ancora in corso. Turriciano è stato condannato anche a risarcire le imprese “parti offese”, vale a dire imprese e singoli operatori economici. L’ammontare del danno sarà quantificato davanti al giudice civile. Nel frattempo 3 mila euro ciascuno, invece, lo stesso imputato dovrà versarli alle altri parti civili: Comune di Castellammare del Golfo, all’associazione “Libero Futuro”, all’Antiracket “Libero Grassi”, al Centro studi “Pio La Torre”, all’Antiracket e Antiusura Alcamese e a Confindustria Trapani. E proprio il Comune di Castellammare del Golfo ha deciso nuovamente di presentarsi come parte civile al processo d’Appello che si terrà nei confronti di Turriciano dando incarico all’avvocato Gianluca Milazzo che già nel rito abbreviato difese il municipio. L’operazione antimafia “Cemento del Golfo” mise in evidenza un intreccio tra imprenditoria e la vecchia mafia castellammarese, quella del patriarca Saracino che appena tornato libero dopo avere scontato vecchie condanne per mafia sarebbe tornato ad imporre legge imponendo l’acquisto di cemento dall’impresa amica di Artale. L’accusa per loro è, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione e danneggiamento aggravato, intestazione fittizia, frode nelle pubbliche forniture e furto. Anche il sindaco, seppur marginalmente, fu tirato in ballo in questa vicenda e politicamente scoppiò il putiferio al Comune. Infatti gli inquirenti hanno intercettato alcuni degli arrestati e dalle conversazioni, che sono state stralciate, emergerebbero delle pressioni fatte ad alcuni uffici del Comune per velocizzare le pratiche per la realizzazione di un impianto di carburanti, la Sp di contrada Bocca della Carruba, che fu oggetto all’epoca di sequestro. Si fa riferimento, secondo indiscrezioni trapelate, a presunte resistenze da parte di qualche funzionario e a un fantomatico intervento del sindaco Nicola Coppola che però venne dallo stesso smentito categoricamente. Nonostante ciò all’epoca si ventilò addirittura l’ipotesi di dimissioni in massa dei consiglieri di opposizione, che in quel periodo erano in 11 quindi in maggioranza: poi saltò tutto per il ripensamento di uno di loro se si sventò la possibilità di un commissariamento dell’assise. La giunta castellammarese si è costituita in giudizio per “il danno morale e di immagine della città che, agli onori della cronaca per queste vicende criminali, è praticamente incalcolabile”.