Castellammare del Golfo-Canile con 200 posti, primi passi concreti in avanti

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Comincia a concretizzarsi il progetto di realizzazione di un canile a Castellammare del Golfo. Per il prossimo 2 ottobre è stata convocata la prima conferenza di servizio che servirà a mettere insieme tutti gli enti preposti per valutare il progetto preliminare del Comune e arrivare quindi ad ottenere tutti i visti ed i pareri necessari per rendere il piano esecutivo e quindi finanziabile. Nelle mire del Comune c’è l’intenzione di realizzare questo rifugio-canile in contrada Balata Inici, in un terreno ampio all’incirca 58 mila metri quadrati distante 10 chilometri dal centro abitato. Il governo castellammarese sostiene che sta lavorando su questo progetto per via della diffusione del fenomeno del randagismo e della grave carenze in tutta la provincia trapanese di impianti in grado di accalappiare e curare gli animali randagi. L’obiettivo è quello di realizzare un rifugio molto ampio, con ben 200 posti, che tenga conto delle disposizioni delle normative nazionali e regionali che demandano ai Comuni una serie di funzioni atte a contrastare il fenomeno dell’abbandono degli animali e del randagismo. Lo scorso anno nella sua progettazione preliminare il Comune castellammarese evidenziò che l’idea era quella di aprire tale struttura d’intesa anche con il vicino Comune di Alcamo. Nel frattempo però si è insediata nella cittadina alcamese una nuova amministrazione comunale, quindi sarà da capire se ancora si sta andando in quella stessa direzione. Alcamo ha un suo rifugio in contrada Tre Noci che però da anni è “congelato”, cioè mai aperto. La Procura di Trapani ha aperto un fascicolo d’indagine sulla vicenda di questo rifugio sanitario. A far esplodere il caso la denuncia dell’allora consigliere comunale Alessandro Calvaruso nel novembre del 2015 per la presunta apertura abusiva dell’immobile, al cui interno nel corso di un sopralluogo furono trovati una ventina di cani. Calvaruso sostenne che il rifugio sanitario non avrebbe ottenuto né una variante urbanistica, essendo una struttura realizzata su un’area vincolata, né tantomeno alcune autorizzazioni che sarebbero necessarie, tra cui quella dell’Azienda sanitaria provinciale. La dirigente del Settore tecnico tutt’oggi in carica, Anna Parrino, ha smentito invece questa tesi sostenendo a sua volta che ci sarebbe una specifica legge regionale che espressamente contempla la realizzazione di rifugi sanitari in beni confiscati alla mafia purchè sia verificata la compatibilità ambientale.