Ultimi intrecci mafia-politica ad Alcamo ma non solo. Un vero e proprio terremoto quello scaturito dalle indagini della polizia della squadra mobile di Trapani e dello SCO su delega della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Nomi eccellenti sono finiti in carcere: l’ex senatore ed ex assessore regionale Nino Papania, fondatore del movimento politico Via, e l’ex vice-sindaco Pasquale Perricone. Quest’ultimo coinvolto in precedenti inchieste e più volte assolto. In carcere anche gli alcamesi Francesco Coppola, ritenuto il reggente della famiglia mafiosa locale; Giosuè Di Gregorio, pregiudicato per reati di vario genere; Gregorio Ascari, titolare di un noto lido balneare in zona Calatubo, e Giuseppe Sciacchitano, colui che avrebbe tenuto l’agenda del boss fissando incontri e appuntamenti. Misura cautelare in carcere anche per il Salvatore Li Bassi, ritenuto il nuovo capo della cosa mafiosa di Calatafimi; il salemitano Giorgio Benenati e il trapanese Antonino Minio, rappresentante della manovalanza a disposizione della famiglia mafiosa del capoluogo e trovato con 9 chilogrammi di marijuana. Ai domiciliari è invece finito il trapanese Giuseppe Pipitone, esponente della vecchia guardia di Cosa Nostra.
Tutti sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, scambio elettorale politico mafioso, estorsione e spaccio di stupefacenti aggravati dal metodo e dall’agevolazione mafiosa, nonché traffico di influenze, violazione di segreto d’ufficio e porto e detenzione illegale di armi. Molto pesante, secondo le indagini, la posizione dell’ex senatore Papania accusato di scambio elettorale politico-mafioso. Avrebbe elargito alla mafia locale migliaia di euro e posti di lavoro per ottenere voti in favore di Angelo Rocca, suo braccio destro e candidato alle ultime elezioni regionale del 2022. L’ex-vice sindaco di Alcamo, Pasquale Perricone, viene invece indicato dalla Procura della DDA come l’intermediario fra l’ex senatore e il clan mafioso. Dei rapporti fra Papania e Perricone si sarebbe occupato invece Giosuè Di Gregorio, pure lui ritenuto un componente del clan, uno dei principali collaboratori di Francesco Coppola.
Le indagini hanno consentito anche di ricostruire una serie di condotte estorsive, alcune consumate altre solo tentate, ai danni dell’imprenditore castellammarese della distribuzione alimentare Ignazio Blunda e degli alcamesi Vincenzo Pollina e Massimo Mulè, il primo imprenditore nell’edilizia e il secondo titolare di rivendite di autovetture. Le minacce, secondo gli investigatori, avrebbero puntato a far versare nelle mani di un uomo di fiducia del capo famiglia alcamese, la somma di 50 mila euro. Ulteriori condotte estorsive sarebbero state consumate in territorio alcamese nei confronti di Graziano Silaco, titolare di un maneggio, costretto ad abbandonare l’azienda per contrasti con un soggetto vicino al sodalizio mafioso. Infine le perquisizioni della polizia hanno scoperto 9 chilogrammi d marjuana, 2 fucili a canne mozzate calibro 12, con relativo munizionamento, entrambi rubati.