Alcamo, il “re dell’eolico” Nicastri e il figlio incastrati dalle intercettazioni

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Utilizzava il telefono del figlio, come se nulla fosse, come se non fosse ai domiciliari e come se mai gli avessero tolti quei beni. Emergono particolari inquietanti attorno all’imprenditore alcamese Vito Nicastri, finito nel vortice dell’ennesima inchiesta della Dia di Trapani che coinvolge anche pezzi grossi della politica e dello Stato. Nicastri, 62 anni, con una confisca da ben un miliardo di euro per i suoi interessi interni alla mafia e il suo presunto stretto rapporto con il boss dei boss Matteo Messina Denaro, avrebbe al contrario continuato imperterrito a gestire quelle imprese che di fatto non potevano essere sue per via delle misure restrittive a cui era sottoposto. Gli investigatori hanno ricostruito tutto tramite intercettazioni telefoniche e ambientali. Il “re dell’eolico” chiamava con il telefono del figlio Manlio, anche lui raggiunto da un avviso di garanzia e indagato a piede libero. Documentati contatti con un suo storico collaboratore, e poi con Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia responsabile del programma della Lega sull’Ambiente, che, secondo l’accusa, avrebbe ricevuto denaro per modificare una norma da inserire nel Def 2018 che avrebbe favorito l’erogazione di contributi per le imprese che operano nelle energie rinnovabili. Norma mai approvata, però. Terza chiamata poi al figlio dello stesso Arata, anche lui indagato, con cui si parlava di affari in comune e di ciò che si sarebbe dovuto fare per le imprese. Addirittura si ipotizza che il figlio di Arata si fosse appositamente trasferito in Sicilia per avere rapporti più vicini con lo stesso Nicastri ed in particolare con il figlio Manlio che deve rispondere dell’accusa di intestazione fittizia. Lo spregiudicato “re dell’eolico” è stato anche filmato mentre ai suoi soci occulti impartiva direttive per la gestione delle aziende addirittura dal balcone di casa. Lui al primo piano e i fedeli collaboratori in strada che ascoltava con attenzione ogni singola parola. Di simili intercettazioni, con telefoni intestati ad altri imprenditori e conversazioni via balcone, ne sono state documentate diverse altre. Per questo Nicastri è tornato in carcere, per aver violato le restrizioni a cui doveva attenersi dal momento che era in regime di domiciliari e non avrebbe potuto conversare con nessuno. In questa inchiesta indirettamente è finito nei guai addirittura il sottosegretario ai Trasporti della Lega Armando Siri, indagato per corruzione dalla Procura di Roma. Un distinguo necessario perchè il sottosegretario, anche da quanto sostenuto da pubblici ministeri, pare che non avesse alcuna conoscenza diretta dell’imprenditore alcamese definito il “re dell’eolico”, ritenuto tra i finanziatori della latitanza del boss di Castelvetrano Matteo Messina Denaro. L’indagine, condotta in parallelo anche dai pm di Roma, ipotizza uno scambio di favori, utilità e denaro per agevolare aziende considerate vicine proprio a Nicastri il quale avrebbe continuato a manovrare per fare affari.