Alcamo, il dramma della Fase 2 dei nidi privati

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Sebbene terminato per diverse categorie, il lock-down ai tempi del Covid 19 prosegue per altri, e non senza produrre un’enorme mole di pressioni e inquietudini — quelle per esempio degli asili nido privati.

Solo ad Alcamo sono ben cinque le strutture private che si prendono cura dei più piccoli, per un totale di circa 32 dipendenti, ed un’utenza di bambini dai 0 ai 3 anni che è ben più corposa di quella dei rispettivi 2 nidi comunali. Se durante la fase 1, spiegano le titolari delle strutture alcamesi, hanno potuto contare sulla cassa integrazione per il personale, la fase 2 è un totale dramma — con la cassa integrazione che termina a giugno, spese di affitto e utenze ormai giunte fino al tetto, proprietari di immobili che protestano cercando cavilli legali per ordinare uno sfratto e con molte mamme che hanno ripreso il lavoro dallo scorso 18 maggio, senza però poter contare sulle solite strutture a cui affidare i propri piccoli.

Lorena Milazzo, del nido La Bacchetta Magica, protesta — “in modo pacato e pacifico” come tiene a sottolineare — assieme alle colleghe alcamesi del Vocavoca, Winnie the Pooh, il Sorriso, C’era una volta, e della ludoteca Laboratoriamo, e assieme al comitato nazionale sorto all’indomani dell’emergenza Coronavirus, Edu Chi Amo presieduto dalla lombarda Cinzia D’Alessandro. Il problema infatti è nazionale. Questa settimana si è tenuto un sit-in in contemporanea tra Milano, Roma, Terni, Cagliari, Venezia, Torino, Firenze e Palermo. In Sicilia, al Palazzo della Regione, le rappresentanti di ogni provincia hanno chiesto di fare chiarezza sulle prospettive di riapertura dei nidi privati, a cui il decreto Conte non fa neppure riferimento. Per le autorità regionali, la questione va gestita da Roma, dato che la scuola ricade tra le competenze esclusive dello stato.

Ciò che la Regione può fare però (e che è stato chiesto a gran voce dalle protestanti) è attivarsi immediatamente per l’estensione della cassa integrazione, oltre la scadenza di giugno, e fino a quando l’obbligo di tenere gli asili chiusi verrà sollevato — nonché l’erogazione di aiuti urgenti per sostenere una miriade di altre spese mensili.

La situazione è urgente (di quelle che non ci si dorme la notte) — una tensione che si avverte malgrado l’incredibile compostezza dei rappresentanti di categoria.

“Il discorso è che non siamo scellerate e non vogliamo l’apertura forzata a tutti i costi — dichiara l’educatrice alcamese Lorena Milazzo — capiamo bene i rischi di contagio, specie in strutture come le nostre, dove se un bambino piange è nostro dovere prenderlo in braccio… Ma vogliamo poter sopravvivere fino a quando il comitato tecnico scientifico deciderà che si potrà riaprire, e da sole non ce la possiamo fare”.

Nel frattempo – è emerso – è tramite video calls che le maestre degli asili privati alcamesi, nel bel mezzo della loro lotta per la sopravvivenza, continuano a tenersi in contatto con i piccoli e le loro mamme, intonando canzoncine, proponendo giochi, storielle e creazioni, come quelle durante la scorsa festa della mamma e del papà.