Aggressioni ai medici, cresce fenomeno in Sicilia. OMCEO in allarme

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Cresce purtroppo anche in Sicilia l’ondata di aggressioni contro il personale sanitario. Recenti casi anche ad Alcamo, Termini Imerese, Enna; Catania; Palermo. Ad essere presi di mira medici e infermieri sia del 118 che degli ospedali. L’Ordine dei medici di Palermo lancia l’allarme. “La frattura tra medici e pazienti – ha detto Toti Amato, presidente dell’ordine dei medici della provincia di Palermo – è ormai cronicizzata e i medici per la paura scappano dagli ospedali, verso il privato o all’estero. Ad oggi, mancano circa 1.500 medici, i più giovani disertano anche le scuole di specializzazione, soprattutto in emergenza-urgenza”. “Per rispondere alla grave carenza di medici, la Regione siciliana ha avviato di recente il reclutamento di medici stranieri, principalmente da Argentina e Cuba, con 16 arrivi a febbraio, 100 a novembre, e altri ne arriveranno. Nel frattempo però la fuga dei medici prosegue ed è molto grave perché non si tratta più solo di un fatto economico, visto che hanno salari tra i più bassi d’Europa, ma perché vivono costantemente nell’angoscia di essere aggrediti. I sanitari chiedono migliori condizioni di lavoro e sicurezza. Comprendo l’urgenza del reclutamento, ma è doveroso che ogni misura straordinaria – ha spiegato il presidente dell’ordine dei medici – si accompagni a strategie di lungo respiro e non posso esimermi dal sottolineare le conseguenze di questa scelta per rispondere ai bisogni di salute, che deve invece puntare a trattenere i nostri medici”.

Il presidente dei medici del Palermitano lancia poi un appello ai cittadini: “I siciliani devono sapere che il giorno in cui non ci saranno più medici da aggredire, non ci saranno più i servizi e quelli che rimarranno avranno una serie di criticità. A partire dalle barriere linguistiche e culturali con cui dovranno misurarsi i medici stranieri, pur essendo professionisti qualificati. La Sicilia ha una forte identità dialettale e la loro interazione potrebbe essere più difficile che altrove. Saranno necessari programmi di adattamento e formazione ulteriori, che comportano costi aggiuntivi per il nostro sistema sanitario, già in crisi profonda”. “Un altro problema si presenterà sul piano dell’integrazione professionale e sociale perché spesso – ha concluso Amato – i medici stranieri lavorano temporaneamente e se non riescono ad adattarsi al contesto possono decidere di andarsene dopo pochi anni, destabilizzando le strutture ospedaliere”.