Abbandono neonato a Paceco. Arrestati madre di 16 anni, padre diciannovenne

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Diciannove anni lui, appena sedicenne lei. Sono loro i genitori del neonato abbandonato, circa otto mesi fa e avvolto in una coperta, in un terreno agricolo in contrada Sciarrotta, a Paceco. Due ragazzini che erano riusciti a nascondere la gravidanza ai familiari e che avevano quindi organizzato l’abbandono. La coppia è stata arrestata, il padre è finito nel carcere di San Giuliano e la madre in un istituto penale per minorenni. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri di Paceco, la stessa notte del parto i due avrebbero abbandonato il neonato in quel terreno. Per fortuna i proprietari del campo sentirono i vagiti del bimbo e gli salvarono la vita. Per otto mesi i carabinieri hanno indagato per trovare i responsabili dell’abbandono e quindi di quello che poi è stato derubricato in tentato omicidio.

Le indagini, coordinate dalla procura per i minorenni di Palermo e dalla procura di Trapani, hanno vagliato tantissimi filmati dei sistemi di video sorveglianza della zona, raccolto le testimonianze dei residenti, interrogati i proprietari dei veicoli transitati in quella zona di Paceco. Acquisiti anche gli accessi agli ospedali, ai consultori provinciali e alle guardie mediche. Da ulteriori controlli nelle scuole, gli inquirenti hanno poi appurato che la sedicenne, trapanese residente nel centro storico del capoluogo, si fosse assentata per settimane dall’istituto scolastico che frequentava. L’esame del DNA effettato dal RIS di Messina ha poi dato esito positivo. Secondo l’accusa la coppia avrebbe agito “con piena consapevolezza di esporre il loro figlio non soltanto ad astratti ed eventuali pericoli conseguenti al suo stato di incapacità di difesa, bensì al rischio di una morte pressoché certa, evitata per fattori del tutto indipendenti dalla loro volontà”. Il piccolo venne abbandonato avvolto in una copertina rosa e dentro a un sacchetto. Fu ritrovato il 5 ottobre scorso dopo l’allarme lanciato dai proprietari del terreno. Carabinieri e medici lo hanno voluto chiamarlo Francesco Alberto, come il militare dell’Arma che per primo lo prese in braccio