8 marzo, tra storia e attualità. Parità di genere, a che punto siamo?

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8 marzo, “Giornata internazionale dei diritti delle donne”, conosciuta come “Festa della donna”: più che un giorno da celebrare, si tratta di una ricorrenza per non dimenticare non solo le conquiste sociali, economiche, politiche ma anche le violenze e discriminazioni di cui le donne sono state (e sono ancora) oggetto in ogni parte del mondo. L’origine di questa giornata si ricollega ad un tragico fatto avvenuto nel 1908 a New York: 123 donne, operaie in una fabbrica tessile, persero la vita a causa di un incendio scoppiato all’interno dell’immobile.

Dopo l’evento, furono varate nuove leggi sulla sicurezza sul lavoro che aumentarono il numero di adesioni alle “International Ladies’ Garment Workers’ Union, ad oggi uno dei più importanti sindacati degli Stati Uniti. In Italia, la Giornata internazionale della donna si tenne, per la prima volta, il 12 marzo 1922 per iniziativa del Partito Comunista: fu l’UDI (Unione Donne in Italia) che, dopo la caduta del regime fascista, prese l’iniziativa di celebrare l’8 marzo 1945, la prima giornata della donna nelle zone dell’Italia libera.

Risale all’anno successivo, la prima comparsa del simbolo della mimosa che fiorisce tra febbraio e marzo. Una scelta non casuale perché a differenza della violetta, simbolo della sinistra europea ma costosa e difficile da trovare, la mimosa appariva come un raggio di sole e simbolo di forza in un’Italia povera e provata dal dopoguerra. Le lunghe battaglie che le donne sono chiamate ad affrontare ancora oggi sul piano sociale, politico, economico non sono ancora terminate.

Quello di quest’anno è certamente 8 marzo diverso perché il primo che vede al capo del governo italiano una donna, non “in quanto” e neppure “nonostante” ciò, ma perché così è stato voluto. Tuttavia, soprattutto sul versante retributivo, i lavoratori continuano a guadagnare il 20% in più delle lavoratrici a parità di titoli di studio. La situazione peggiora se oltre alla figura della professionista, subentra quella di voler diventare madri: secondo il “gender pay gap” (la differenza di salario tra lavoratori e lavoratrici), l’11,1% delle madri italiane con almeno un figlio, non ha mai avuto un lavoro.