Marsala, “Scacco al re”: maxi sequestro da 127 mln

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La più imponente misura di prevenzione patrimoniale per “pericolosità fiscale” sinora eseguita a livello nazionale: è quella che stanno eseguendo dalle prime ore di questa mattina, decine di finanzieri del Comando Provinciale di Trapani. Il provvedimento, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani, su richiesta della Procura della Repubblica di Marsala, riguarda società, beni immobili e disponibilità liquide per circa 127 milioni di euro.

Trattasi nello specifico di: 10 società (Delfino Srl, Delfino Ricevimenti srl, Roof Garden srl, Rubi Srl, Don Mariano Srl, L’Arte Bianca srl, Punta D’Alghe srl, Rakalia srl, Sweet Tempation srl, Wine Resort srl) e 3 ditte individuali e relativo compendio aziendale, comprendente alberghi, lussuose sale ricevimento, resort con piscine e centro benessere, ristoranti, stabilimenti balneari e altre strutture ricettive a Marsala e sull’isola di Pantelleria; 75 fabbricati; 257 terreni; 23 autoveicoli; 71 rapporti di conto corrente con liquidità per circa 6 milioni di euro; 6 polizze vita del valore di 4,6 milioni di euro e partecipazioni societarie.

È l’enorme patrimonio che sarebbe stato illecitamente accumulato negli anni dall’imprenditore Angelo Michele Licata, il quale, grazie ad una colossale e continuata frode fiscale, scoperta dagli stessi finanzieri, e a numerose truffe ai fondi comunitari e alla violazione di numerose altre norme in tema di edilizia e sanità pubblica, sarebbe riuscito nell’ultimo ventennio, secondo quanto emerso dalle indagini, «a imporsi prepotentemente nel settore turistico – alberghiero, sbaragliando la leale concorrenza, “drogando” – scrivono in una nota le Fiamme Gialle – l’economia locale, alterando i normali processi economici e creando intorno a sè un vero e proprio impero economico». Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Marsala e condotte senza soluzione di continuità dal Nucleo di Polizia Tributaria di Trapani e dalla Sezione di p.g. della Guardia di Finanza in servizio presso la stessa Procura, hanno consentito, oltre che di documentare la “pericolosità fiscale” della famiglia Licata, di ricostruire e mappare l’enorme patrimonio mobiliare e immobiliare riconducibile ad essa, il cui possesso, peraltro, non era in alcun modo giustificabile con i redditi dichiarati dal  nucleo familiare. L’imprenditore aveva subito un primo sequestro di beni lo scorso aprile, dopo il tentativo di svuotare i propri conti correnti con mirate operazioni bancarie. I finanzieri, monitorando tutti i flussi finanziari dei conti correnti intestati alla famiglia Licata e alle varie società a loro riconducibili, si sono accorti delle rilevanti operazioni di disinvestimento di titoli e fondi, seguite da svariati e ingenti bonifici nei confronti di parenti non coinvolti nelle indagini o dall’emissione di assegni circolari per rilevanti importi mai negoziati dai beneficiari.