Alcamo- L’arresto di Perricone, “Comitato d’affari condizionava tante attività“

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Un comitato di affari in odore di mafia che ha fatto emergere un quadro di oggettiva e allarmante gravità rivelando una preoccupante capacità di condizionamento sulla gestione politico-amministrativa del Comune di Alcamo”. E’ quanto dichiarato ieri, nel corso della conferenza stampa, da  Marcello Viola, Procuratore della repubblica di Trapani per illustrare i dettagli dell’operazione della Guardia di finanza di Trapani e Alcamo  che ha portato in carcere uno storico  personaggio di spicco della  politica alcamese, il socialista   Pasquale Perricone, costruttore, commerciante, ex vice sindaco di Alcamo con l’amministrazione Bonventre, insieme a Girolama Maria Perricone, cugina di Pasquale, Marianna Cottone sua collaboratrice  ed Emanuele Asta, ex consigliere comunale Dc, dipendente regionale del Centro per l’impiego. Domiciliari per  Francesca Cruciata, commercialista già revisore dei conti al Comune di Alcamo e Mario Giardina. Divieto di esercizio dell’attività professionale per l’ex consigliere comunale Domenico Parisi, rappresentante dell’associazione temporanea di imprese che gestiva l’appalto di riqualificazione del porto di Castellammare. Sequestrati anche beni e disponibilità finanziarie riconducibili agli arrestati. Emessi anche 32 avvisi di garanzia e ciò dimostra la vastità delle indagini, che promettono sviluppi per reati che vanno dall’associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Da reati contro la pubblica amministrazione alla bancarotta fraudolenta e intestazione fittizia di beni. Intanto l’arresto di Perricone un primo terremoto politico lo ha provocato: l’avvocato Giuseppe Benenati, candidato a sindaco per il Psi, ha fermato la sua corsa per la carica di primo cittadino. Decisive ai fini delle indagini sono state le intercettazioni telefoniche con cimici piazzate – come ha detto il comandante provinciale della Guardia di finanza – in posti e luoghi frequentati dagli indagati”. Gli accertamenti sono scaturiti dal fallimento di una società, la Nettuno, incaricata dei lavori di riqualificazione del porto di Castellammare e poi si sono allargati a macchia d’olio sino ad arrivare a scoperchiare quello che appare un vero e proprio verminaio. “Un comitato d’affari, in cui – dicono i finanzieri – il vero  dominus era Pasquale Perricone con entrature in tante porte di uffici pubblici per la gestione attraverso  prestanomi di corsi di formazione, alcuni dei quali secondo le indagini si sarebbero svolti solo sulla carta, per i quali sarebbero stati incassati 280 mila euro. Un sequestro alcuni mesi fa impedì l’erogazione di altri 60 mila euro.  Per attestare la regolarità dei corsi un ruolo – dice la Guardia di finanza – avrebbe avuto Emanuele Asta, dipendente del Centro per l’impiego, molto conosciuto in città anche negli ambienti ecclesiastici tanto che di recente ha ottenuto un posto nel consiglio di amministrazione della casa di ospitalità “Mangione” che spetta alla Curia di Trapani e che ha segnalato proprio Asta. Secondo la Guardia di finanza Perricone nel periodo in cui ha fatto parte della giunta Bonventre, avrebbe praticamente gestito il Comune, anche perché l’ex primo cittadino si assentava spesso per motivi di lavoro. E per avvalorare tale tesi la Guardia di finanza porta una serie di riscontri come il presunto svolgimento di riunioni della giunta nel suo ufficio o abitazione, cosa questa che un ex assessore, da noi interpellato, ha categoricamente negato. Così come, però, non si può negare il fatto che il file del Piano triennale delle opere pubbliche è stato trovato nel computer di Perricone. E a proposito del Piano triennale, durante le indagini la Guardia di finanza di Alcamo, sequestrò una serie di delibere. Ora si capisce che l’attenzione era puntata in quello che viene definito il “Libro dei sogni” perché delle previsioni milionarie di spesa alla fine si spende qualche migliaio di euro essendo le casse vuote e nulli le erogazioni di Stato e Regione. E sul Piano triennale la Guardia di finanza di Alcamo interrogò anche alcuni consiglieri comunali. Durante le indagini venne anche registrata una telefonata di ringraziamento nei confronti di Perricone per essersi prodigato a favore di un consigliere eletto nel 2014 nel consiglio di amministrazione della Banca don Rizzo, Come è noto dopo un anno l’intera governance, del centenario istituto di credito, venne rimossa e si procedette a nuove elezioni. “Perricone – scrive in un comunicato la Guardia di finanza – sarebbe stato contiguo alla famiglia mafiosa dei Melodia di Alcamo”. Ora partono gli interrogatori e già il collegio difensivo si presenta abbastanza agguerrito. Ma un dato appare certo: la parabola politica di Pasquale Perricone sembra ormai al tramonto. Da oltre 30 anni, sempre militante nel Psi, è stato al centro delle vicende politico-amministrative della città di Alcamo alternando nel frattempo la sua attività di imprenditore edile e di commercio con Cuba, dove si recava spesso per vendere mercanzie di vario genere, fatte arrivare nell’isola di Fidel Castro all’interno di grandi container.